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Aspetti psicologici nei pazienti affetti da diabete mellito

 

Uno dei presupposti per cui le situazioni conflittuali nel paziente diabetico non vengono elaborate in modo adeguato è che queste si possono inscrivere in una personalità già neurolabile. In questi casi può tornare utile un trattamento psicanalitico, in grado di scavare nel profondo e di modificare le condotte nevrotiche pre-esistenti all’insorgere del diabete stesso.

In tal caso quindi, la terapia non si limita all’elaborazione del trauma della diagnosi, o alle difficoltà attuali della vita quotidiana del malato, ma affronta direttamente i problemi della così detta “struttura mentale premorbile” del diabetico.

L’IMPOTENZA si colloca in questo quadro tanto che in molti casi questa insorge prima che vi sia una situazione organica tale da determinarla di per sé.

I motivi psicodinamici possono essere molteplici; è abbastanza frequente, tuttavia, vedere uomini così attaccati alla figura materna da trascurare per lei altre donne. Talvolta è presente il timore inconscio della castrazione, dovuta essenzialmente alla fissazione da regressione alla fase edipica.

Quando questi soggetti stabiliscono un legame affettivo stabile, questi legami emotivi possono essere così forti da interferire con una normale attività sessuale. Si può asserire che anche prima dell’insorgenza del diabete, tali soggetti non avevano attività sessuali soddisfacenti, anche se tendono a negare questa realtà. Il manifestarsi di una sintomatologia diabetica, spesso viene presa a prestito, sempre al livello inconscio, per diminuire le proprie prestazioni sessuali fino a giungere ad un’impotenza psicogena addossando in modo razionalizzante, ma non razionale, la colpa alla malattia organica.

Ritengo opportuno al riguardo citare il caso di un soggetto che si è rivolto alla mia attenzione qualche tempo fa. Si trattava di un soggetto di 46 anni, affetto da diabete non insulino dipendente. Presentò un’impotenza dopo poco tempo dall’insorgenza del medesimo.

Dall’anamnesi risultava essere figlio unico, il padre era deceduto quando il paziente aveva circa un anno, rimanendo così con la madre e i nonni materni. È vissuto in un ambiente iperprotettivo e soffocante, inoltre la madre si aspettava da lui prestazioni superiori alle sue capacità controllando ogni suo operato.

Le prime difficoltà con il sesso opposto iniziarono fino dall’età delle scuole superiori. Ciò veniva razionalizzato con giustificazioni del tipo “ai mie tempi non era come ora, le ragazze erano meno disponibili, ecc.” Comunque, anche quei pochi rapporti che riusciva ad avere, erano insoddisfacenti, carichi di ansie e paura di non riuscire a soddisfare la propria partner. Ebbe anche episodi sporadici di impotenza. Durante il trattamento fu possibile elaborare i meccanismi di difesa dell’Io adottati dal paziente.

La continua richiesta da parte della madre di maggiori prestazioni nell’ambito scolastico venivano “spostate”, inconsciamente, sul piano delle prestazioni sessuali, che al livello di comportamenti si traduceva in insuccessi e stati d’ansia.

La malattia diabetica fu vissuta, per quanto concerneva questo problema, come pretesto per poter giustificare uno stato di impotenza. Dopo aver elaborato questo materiale inconscio e dopo aver agito con una desensibilizzazione dell’ansia, il paziente poté così ritrovare quella sicurezza di sè che gli permise di avere anche dei rapporti soddisfacenti. In conclusione, al di là delle componenti di regressione alla fase orale legate alla specificità della malattia del suo trattamento, l’attenzione del terapeuta dovrà rivolgersi alla disanima delle manifestazioni premorbili di natura nevrotica quali chiave di lettura del comportamento anche sessuale dell’uomo malato di diabete.